Conti deposito a rischio bail-in
Da un po' di tempo si parla insistentemente di bail-in e di ciò che esso comporta, con molti allarmismi, in parte però giustificati. Non è infatti la prima volta che il Governo punta il dito sui risparmiatori per fare cassa e quindi ogni notizia a tema bancario che faccia scalpore dovrebbe essere degna di attenzione.
Il bail-in consiste sostanzialmente nell'obbligo di intervento da parte di chi è all'interno di una banca al fine di sanarla nel tentativo di salvarla nel caso di una prospettiva di fallimento; come la stessa denominazione suggerisce, secondo questa direttiva è chi è all'interno dell'Istituto che deve provvedere, in vario modo, ad arginarne le perdite che, prima dell'approvazione della legge sul default delle banche, erano invece a carico dell'intera collettività, attraverso un intervento da parte dello Stato che poi avrebbe fatto gravare l'onere su tutti i contribuenti.
Questo obbligo di partecipazione diretta di soggetti privati alle perdite della propria banca in caso di default ha, ovviamente, suscitato un fiume di polemiche, in quanto molti obiettano che è ingiusto che a pagare siano sempre coloro che non hanno colpa di un certo stato d'essere, in particolare delle situazioni tragiche in cui vertono alcune banche, molto spesso a causa di gestioni scellerate da parte dei loro manager, ma anche a causa di mancanza di trasparenza verso i clienti riguardo alle condizioni di adesione a certi prodotti propinati come estremamente convenienti quando invece sono spesso scadenti o infruttiferi, perpetrata da alcuni dipendenti dalla professionalità e dalla morale discutibili.
Pertanto, se da una parte è vero che i salvataggi da parte del Governo e degli altri Paesi dell'UE hanno come conseguenza il possibile indebolimento dell'intero sistema bancario europeo, causato dal conseguente aumento del debito pubblico che porta alla chiamata in causa di tutti i contribuenti, dall'altro essi rendono questi problemi una questione nazionale piuttosto che una questione privata e, almeno da un certo punto di vista, è giusto che sia così, è cioè giusto che le banche rispondano pienamente del loro operato allo Stato e che quest'ultimo provveda a salvarle in funzione delle varie circostanze, considerando il loro fallimento un problema per l'intera collettività.
Ciò su cui però spesso si esagera è la reale portata di questa legge, recepita con il DDL n. 1758 dal Senato, figlia della direttiva europea 2014/59/UE, che in realtà non dà il via libera alle banche di rifarsi esclusivamente sui poveri risparmiatori e sugli investitori prudenti, ma anche e soprattutto su altri soggetti maggiormente responsabili o perlomeno più propensi al rischio; il bail-in interessa infatti chi ha investito attivamente nella banca e, più precisamente, nell'ordine, gli azionisti, gli obbligazionisti possessori di obbligazioni subordinate e, a seguire, possessori di obbligazioni ordinarie, e i titolari di depositi che superano i 100.000 euro, ma solo per la parte eccedente.
In sostanza, con il bail-in si va quindi a colpire perlopiù gli azionisti della banca, i detentori della stessa, e si vanno a prelevare in modo forzoso soltanto gli interessi e i dividendi che esulano dalla protezione di organismi di tutela quali quelli istituiti per i conti bancari e postali.
Fortunatamente, quindi, i correntisti sono gli ultimi che entrano in gioco quando si tratta di aiutare le banche ad uscire dalla crisi, ma non solo: entrano in gioco solo se i loro depositi superano i 100.000 euro e soltanto per la parte eccedente tale soglia; ad esempio, se si disponesse di un conto corrente con una giacenza di 105.000 euro, in caso di default della banca e nel caso in cui le risorse degli azionisti e degli obbligazionisti non bastassero allo scopo, verrebbero prelevati forzosamente 5.000 euro dal conto e non l'intera somma depositata.
D'altra parte i conti correnti e i conti deposito sono protetti dai fondi di tutela FITD e FGD, che garantiscono ogni depositante per un massimo di 100.000 euro per banca, quindi per giacenze sotto i 100.000 euro si possono dormire sonni tranquilli anche dal punto di vista del bail-in. In particolare, quindi, non esistono conti deposito a rischio bail-in in toto, ossia per l'intero ammontare del deposito, in quanto i conti deposito si comportano in questo frangente come i conti correnti, rappresentando fondi ai quali lo Stato, o altro soggetto avente titolo, può attingere solo a determinate condizioni.
La questione dei conti deposito non va però confusa con quella riguardante i depositi titoli, che consistono in tutt'altra cosa nonostante una nomenclatura in parte simile; questi ultimi consistono infatti in strumenti bancari e postali istituiti al fine di gestire prodotti finanziari quali i titoli di Stato, ad esempio i BOT, ma anche azioni di terze parti ecc.; in questo caso l'Istituto bancario fa una gestione per conto del cliente, il quale mantiente la piena proprietà dei prodotti e quindi non potrà essere interessato dal bail-in, in virtù del principio di separazione patrimoniale che prevede appunto la separazione del patrimonio personale del cliente, che gode di una specifica tutela ed è per questo intoccabile, dal patrimonio bancario, che invece può essere oggetto di bail-in.
Il bail-in, quindi, dal punto di vista del comune risparmiatore, non considera gli stipendi o le pensioni ma soltanto i depositi e, così come non vi sono conti deposito a rischio bail-in sotto una determinata soglia, non vi sono nemmeno conti correnti a rischio bail-in sotto una determinata soglia, ed è quindi buona norma tenere depositi in ciascuna banca per al massimo 100.000 euro, anche considerando lo spazio per gli interessi che si matureranno, al fine di godere della protezione del FITD o dell'FGD in caso di fallimento, evitando così pure l'insidia del bail-in.
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Tag: banca, euro, deposito, stato, rischio, bancario, vista, questione, fallimento
Temi: sistema bancario, tema bancario, patrimonio personale, separazione patrimoniale, possibile indebolimento
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